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1 luglio, 2019

Dalla Cina alla Turchia, ecco dove finisce la nostra plastica

Dopo lo stop imposto dalla Cina dove finisce la plastica che non viene smaltita in Italia ed in altri Paesi occidentali? A questa domanda ha cercato di rispondere il nuovo report di Greenpeace  “Le rotte globali, e italiane, dei rifiuti in plastica”[1], pubblicato ad aprile. Nel 2018 le esportazioni mondiali sono sensibilmente calate raggiungendo la metà dei volumi rispetto al 2016.

Solo che hanno cambiato destinazione raggiungendo i Paesi del Sud-est asiatico, non dotati di normative ambientali particolarmente rigorose. Anche i rifiuti dell'Italia, uno dei principali esportatori mondiali, finiscono soprattutto in Malesia, Vietnam e Thailandia. Nel frattempo però, subito dopo la pesante restrizione di Pechino, anche questi Paesi hanno introdotto delle limitazioni alle importazioni. Così le esportazioni di rifiuti in plastica si sono dirette verso Indonesia e Turchia che oggi la fanno da padroni nell'importazione. «Dopo aver raggiunto un picco alla fine del 2016 – si legge nel report -  l'importazione cinese di rifiuti è cessata quasi completamente all'inizio del 2018, a causa di un divieto generalizzato che ha interessato anche Hong Kong, per lungo tempo hub d’importazione di rifiuti in plastica poi destinati in Cina. Dal momento in cui la Cina ha vietato l’import di rifiuti in plastica, nel corso del 2018 le esportazioni globali sono nettamente calate fino a raggiungere la metà dei volumi del 2016. Sul forte calo delle esportazioni globali ha inoltre influito la riduzione dei volumi di rifiuti in plastica in transito da Hong Kong per raggiungere altre nazioni del Sud-est asiatico nei primi mesi del 2018».

Nel 2018 i principali esportatori sono stati gli Usa (16,5 per cento delle esportazioni totali), il Giappone (15,3 per cento), la Germania (15,6 per cento), il Regno Unito (9,4 per cento) ed il Belgio (6,9 per cento). In questa particolare classifica l’Italia si piazza all’undicesimo posto con un contributo pari al 2,25 per cento di tutti i rifiuti in plastica esportati. Riguardo lo stesso periodo i primi 5 Paesi importatori sono risultati: Malesia (15,7 per cento delle importazioni totali), Thailandia (8,1 per cento), Vietnam (7,6 per cento), Hong Kong (6,8 per cento) e Stati Uniti (6,1 per cento). «L’Italia risulta comunque tra i principali esportatori di rifiuti plastici al mondo: solo nel 2018, abbiamo spedito all’estero poco meno di 200 mila tonnellate di scarti di plastica. Per avere un’idea chiara del nostro export, si tratta di un quantitativo pari a 445 Boeing 747 a pieno carico, passeggeri compresi.  197 mila tonnellate di plastica hanno varcato i confini italiani lo scorso anno, per un giro d’affari di 58,9 milioni di euro3. Un meccanismo che, fino ad una manciata di mesi fa, vedeva come partner privilegiato la Cina. Gran parte degli scarti plastici europei – e italiani - fino allo scorso anno, erano caricati su navi e diretti verso la Repubblica Popolare cinese. Contenitori, pellicole industriali e residui plastici di ogni sorta, finivano ad intasare magazzini cinesi per poi nella migliore delle ipotesi - essere riciclati. Un meccanismo che, poco più di un anno fa, si è interrotto bruscamente».

Secondo Eurostat, le esportazioni di rifiuti in plastica non sembrano destinate a diminuire, almeno nel breve periodo. Infatti, in media, tra il 2016 e il 2017 l'Italia ha esportato quasi 250 mila tonnellate all’anno. Dati che hanno trovato conferma nel 2018, con una lieve flessione rispetto ai quantitativi esportati (197 mila tonnellate) ma non rispetto al valore economico dell’export (addirittura aumentato del 9,5 per cento rispetto al 2016). Lo stop imposto dalla Cina ha messo in evidenza un aspetto piuttosto importante: l'Italia è fortemente carente di impianti di recupero e di riciclo. Esistono infatti numerosi impianti di piccole dimensioni (che trattano tra le 3 mila e le 5 mila tonnellate/annue), e non più di cinque impianti da 50 mila tonnellate. Un dato che dovrebbe fare seriamente riflettere sulle misure che il nostro Paese dovrebbe intraprendere per risolvere una vera e propria emergenza.

Andrea Grossi