2463 Andrea Grossi Articoli
24 giugno, 2019

Discariche ormai in emergenza, servono nuovi impianti

Nei prossimi due anni la capienza delle discariche sarà esaurita nel Nord Italia, tra meno di un anno accadrà in quelle del Centro Italia mentre è già emergenza in quelle del Sud. Per questo bisogna pensare ad altri tipi di interventi.  Il non edificante quadro è emerso nel Rapporto “Per una Strategia Nazionale dei rifiuti”[1], presentato ad aprile a Roma da FISE Assoambiente (Associazione delle imprese di igiene urbana, riciclo, recupero e smaltimento di rifiuti urbani e speciali ed attività di bonifica) nel corso di una giornata a  cui hanno preso parte i rappresentanti del mondo industriale, scientifico e associativo del settore, alla presenza anche di alcuni rappresentanti politici. Per poter raggiungere gli obiettivi europei sull'economia circolare bisogna fare ancora tanto. Viene infatti richiesta entro il 2035 la soglia del 65% nel riciclo effettivo e del  10% nel collocamento in discarica dei rifiuti urbani. Obiettivi che potranno essere raggiunti solo con il sensibile aumento della raccolta differenziata, portandolo all'80% e con una crescita di 4 milioni di tonnellate nella capacità di riciclo. Il tutto con il contemporaneo innalzamento al 25% della valorizzazione energetica dei rifiuti per chiudere il ciclo. Secondo Fise Assoambiente bisogna definire su scala nazionale una strategia complessiva per la gestione dei rifiuti nel lungo periodo in modo da armonizzare gli interventi pubblici con quelli delle aziende private. Per fare questo sono indispensabili nuovi investimenti per circa 10 miliardi in impianti di riciclo, recupero e smaltimento. Il Rapporto è entrato nel dettaglio delle ulteriori misure che servirebbero al nostro Paese:

 

limitazione di importazione ed esportazioni di rifiuti  che movimenta ogni anno 9,5 mln di tonnellate (circa 6 in entrata e 3,5 in uscita): una diseconomia che, per carenza di impianti, produce una perdita di potenziale di materia ed energia;

creazione di  un sistema di impianti  adeguato al fabbisogno italiano, con la realizzazione nei prossimi 16 anni di oltre 20 impianti per le principali filiere del riciclo, 22 impianti di di gestione anaerobica per il riciclo della frazione umida, 24 impianti di termovalorizzazione, 53 impianti di discarica per gestire i flussi dei rifiuti urbani e speciali;

blocco del cosiddetto “turismo dei rifiuti” all’interno dei confini nazionali, con particolare riferimento a quelli urbani urbani, movimentati da una Regione all’altra per carenza della necessaria impiantistica di smaltimento (soprattutto al Sud);

revisione della gestione delle discariche, concentrandosi solo su impianti moderni e sostenibili in cui destinare esclusivamente le frazioni residuali opportunamente trattate, considerata la scarsa autonomia italiana.

Lo studio ha messo inoltre in luce la necessità di sviluppare strumenti economici a sostegno dell'utilizzo dei materiali riciclati e per l’uso di sottoprodotti e materiali a sostegno di una legislazione più chiara sul cosiddetto “End of Waste”. Servirebbe infatti un quadro normativo chiaro per il settore che semplifichi le procedure di autorizzazione, spinga investimenti e competizione fra imprese, consentendo di realizzare tutti gli impianti necessari.

«Il nostro Paese - ha spiegato Chicco Testa, Presidente di FISE Assoambiente - necessita di una Strategia Nazionale di gestione dei rifiuti che, al pari di quella energetica, fornisca una visione nel medio-lungo periodo (almeno ventennale) migliorando le attuali performance.  Fare economia circolare significa disporre degli impianti di gestione dei rifiuti con capacità e dimensioni adeguate alla domanda. In Italia servono impianti di recupero (di materia e di energia) capaci non solo di sostenere il flusso crescente in particolare delle raccolte differenziate di rifiuti, ma anche di sopportare fasi di crisi dei mercati esteri. Servono anche impianti di smaltimento finale (discariche), capaci di gestire i rifiuti residuali quali gli scarti generati dal processo di riciclo e quelli che non possono essere avviati a recupero o a trattamenti».

Andrea Grossi