2925 Andrea Grossi Articoli
7 giugno, 2019

Copenaghen, esempio tra i paesi nordici sulla gestione dei rifiuti

Il Nord Europa ha fatto del “waste to energy” la marca distintiva del proprio sistema di gestione dei rifiuti. Lì sono oggi in funzione impianti in grado di bruciare oltre 550 chili di rifiuti l’anno per abitante, nel resto della moderna Europa ci sono impianti pari a 250 chili per abitante, in Italia, invece, c’è disponibilità di impianti per 104 chili per abitante: il resto finisce nella migliore delle ipotesi in discariche controllate, alla peggio dispersa in siti abusivi. Paese che vai usanza che trovi, chi da una parte vede lotte quotidiane per bloccare la costruzione di nuovi inceneritori e si interroga se continuare a far funzionare i termovalorizzatori già esistenti, chi dall’altra sui rifiuti ci finisce addirittura per sciare, letteralmente.

A Copenaghen, proprio al centro della capitale danese, sta nascendo una complessa opera ingegneristica che, oltre al moderno ed innovativo aspetto architettonico, si prospetta diventare lo stato dell’arte attuale della tecnologia Waste-to-Energy, sia in termini di prestazioni energetiche sia ambientali: obiettivo per i danesi diventare la prima città al mondo ad emissioni zero entro il 2025. Fuori dagli schemi comuni, l’Amager Bakke, firmato dall’architetto danese Bjarke Ingels e dal costo di 660 milioni di dollari, una volta ultimato si distinguerà per molti motivi, non ultimo il fatto che rivendicherà la prima pista da sci della città. Soprattutto, sarà uno degli impianti di termovalorizzazione tecnologicamente  più avanzati al mondo e capace di ridurre le emissioni di CO2 della città del 99,5 per cento rispetto al 2005. Qui, grazie a una filtrazione catalitica che non è mai stata utilizzata prima in Danimarca, l’incenerimento è quasi privo di inquinamento. Quasi poiché, come dice la stessa azienda che ha fornito il sistema di alimentazione del forno e le tecnologie di depurazione dei fumi, le emissioni pur essendo ottimizzate, vedranno comunque dal camino uscire monossido di carbonio, ammoniaca, carbonio organico e ossidi di azoto oltre al vapore acqueo come hanno scritto diversi media italiani. Rimane il fatto che l’inquinamento presente è qui minimo, specie se confrontato con altre fonti di inquinamento costante. Citando alcuni numeri, l’impianto smaltisce circa 400.000 tonnellate di rifiuti prodotti annualmente da oltre 500.000 abitanti e da almeno 46.000 aziende e rifornisce un minimo di 50.000 famiglie con elettricità e 120.000 famiglie con teleriscaldamento. Per avere un termine di paragone, l’impianto A2A di Brescia, il più grande d’Italia con oltre 700mila tonnellate incenerite nel 2017, produce energia elettrica pari al fabbisogno di oltre 200mila famiglie e calore per oltre 60mila appartamenti.

Nel Paese danese esiste poi il problema opposto a quello italiano: una sovraccapacità di incenerimento, con 28 impianti attivi per meno di 6 milioni di abitanti. L’incenerimento, seppur a ridotte emissioni e alti livelli di accettazione da parte dei cittadini, qui infatti non si ferma alla gestione dei rifiuti, ma è anche una strategia di sviluppo industriale. Lo stesso Copenhill è stato sovradimensionato per ottenere dei benefici in termini di efficienza e ora come gli altri 27 impianti cercherà rifiuti anche sui mercati stranieri. Tra il 2013 e il 2015 l’importazione di rifiuti per l’incenerimento è, infatti, passata da 160 mila a 350 mila tonnellate che rappresentano oggi l’11 per cento della spazzatura bruciata nel Paese. Non tutti i rifiuti trattati dall’inceneritore di Copenhagen, soprannominato Copenhill, diventano energia: una parte del recupero sarà sotto forma di materie riciclabili, come i metalli che vengono estratti dalle ceneri e le stesse ceneri, che diventano inerti da utilizzare per produrre il calcestruzzo. Con un progetto che prevede poi il rilascio nell’aria di Copenhagen di anelli di fumo ogni volta che verranno raggiunti i 250 chili di anidride carbonica rilasciata nell’atmosfera, si lancia così un monito per gli abitanti di una città che si propone di diventare la prima al mondo a produrre emissioni zero.

La vera trovata di Bjarke Ingels, che ha vinto il concorso di progettazione nel 2011, è stata quella di trasformare un’architettura meramente funzionale in un servizio di intrattenimento per una città situata in un Paese dalla morfologia pianeggiante. Così questo edificio innovativo, con la sua geometria di pannelli argentati in alluminio e vetro, modificherà non solo lo skyline di Copenaghen, ma ridefinirà al contempo la sostenibilità urbana a livello globale. La vera innovazione non è solo tecnologica , ma anche sociale, dal momento che vede una stretta connessione tra istituzioni locali, cittadini e imprese, con il supporto della ricerca, con la finalizzazione dell’interesse comune che supera quello individuale o di qualche gruppo. Visto che si parla poi di una infrastruttura al servizio di tutta la collettività, ma per la quale è stato necessario un investimento ingente con un tempo di ritorno di trent’anni, l’impianto è stato interamente finanziato con fondi pubblici. Uno dei motivi per cui l’impianto ha una posizione centrale nella città, a 13 minuti dall’aeroporto e vicino all’Opera House, è legato al fatto che l’amministrazione stia puntando molto al turismo: l’introito di Copenhill e delle sue attrazioni dovrebbe crescere di 6,5 miliardi di dollari l’anno, cifra che lo renderebbe così economicamente redditizio dopo il forte investimento iniziale. Il nuovo edificio punta così a diventare la principale attrazione turistica della capitale danese, specialmente grazie ad imponente pista da sci lunga ben 600 metri ed a una parete artificiale di arrampicata di 27 metri, un ristorante con servizio completo e un bar après-ski circondato da sentieri alberati. Copenhill punta ad attirare circa 300 mila visitatori l’anno, tra cui circa 65 mila sciatori corteggiati dalla novità di una montagna in un paese altrimenti piatto. Ed è giusto ricordare anche che saranno italiane alcune delle tecnologie utilizzate al fine di consentire l’uso sportivo della struttura: la pista da sci è realizzata, infatti, dalla bergamasca Neveplast con plastica riciclabile al cento per cento.

Andrea Grossi