1864 Andrea Grossi Articoli
18 aprile, 2019

Rifiuti organici, mancano gli impianti al centro-sud

Gli impianti per il trattamento dei rifiuti organici in Italia non mancano e questo al momento non rappresenta un problema. C'è però da dire che si concentrano soprattutto nel Nord Italia e questo squilibrio sta costringendo Centro e Sud Italia a trasferire i propri rifiuti organici nelle regioni settentrionali con costi economici ed ambientali notevoli. Questo lo spaccato che emerge dalle parole di Alessandro Canovai, direttore del Consorzio Italiano compostatori[1]. Per cercare di risolvere questo problema è in itinere un dialogo ed un percorso strategico con il ministero dell'Ambiente per definire le aree prive degli impianti e sulle quali intervenire con una certa tempestività. «Bisogna continuare a lavorare soprattutto nelle regioni del Centro e del Sud per raggiungere l’obiettivo di 9.150.000 tonnellate di rifiuto organico raccolte al 2025, ovvero 150 kg/ab/anno. Sicuramente una spinta arriverà grazie al recepimento del Pacchetto sull’Economia Circolare approvato dalla Unione Europea nel giugno 2018 e che ha imposto come obbligatoria la raccolta differenziata del rifiuto organico entro il 2023».

Si è passati da 326 a 338 strutture che, complessivamente, sono in grado di trattare circa 7,4 milioni di tonnellate (+4% rispetto al 2017) di rifiuti. Sono 6,6 milioni le tonnellate di rifiuti organici (umido e verde) raccolti con la differenziata in Italia nel 2017, secondo l'analisi del Cic basata sul Rapporto Rifiuti Ispra del 2018. L'organico si conferma la frazione più importante della differenziata, il 40,3%. «In generale – spiega Massimo Centemero, direttore del CIC –  c’è stato un calo nella produzione dei rifiuti in Italia, scesi a 29,6 milioni di tonnellate (- 1,7% rispetto all’anno precedente) e la raccolta differenziata ha raggiunto una percentuale del 55,5%. Il dato procapite di rifiuto organico a livello nazionale passa, infatti, da 107 a 108 con una differenza sostanziale tra il Centro Nord e il Sud. Se nelle regioni settentrionali la raccolta del rifiuto organico si attesta a 127 kg/abitante per anno, in quelle centrali si scende a 114 kg/abitante mentre al sud ci si ferma a 83 kg/abitante per anno dal Sud. È la Lombardia, nonostante una leggera flessione rispetto al 2017, a confermarsi al primo posto per quantità di frazione organica raccolta con 1,2 milioni di tonnellate annue. Seguono poi il Veneto con 764.000 tonnellate e l’Emilia Romagna (708.000 t), seguita a breve distanza dalla Campania (678.000 t). Interessanti i dati registrati nel Lazio (532.000 t) e in Sicilia (208.000 t), dove la raccolta della frazione organica è aumentata rispettivamente di 27.000 t e 67.000 t.». Secondo gli ultimi dati disponibili nel 2017 sono state prodotte quasi 2 milioni di tonnellate di compost, il 64% da compostaggio e il restante 36% da digestione anaerobica e successivo compostaggio, che hanno contribuito a stoccare nel terreno 600.000 tonnellate di sostanza organica risparmiando 3,8 milioni di tonnellate di CO2  rispetto al trasferimento discarica. Sempre nel 2017 è stato trattato più del 50% dell’umido raccolto in forma differenziata.   «Il trattamento delle frazioni organiche selezionate con la digestione anaerobica – ha spiegato sempre Centemero – permette di recuperare materia ed energia: oltre al compost si ottiene infatti anche il biogas, che può essere trasformato in biometano per l’immissione in rete. Recentemente il Cic si è fatto promotore della produzione di biometano e sono già entrati in funzione 8 impianti consorziati Cic (di cui 2 sperimentali) in grado di produrre biometano dal trattamento dei rifiuti organici della raccolta differenziata urbana e di immettere il biometano nella rete di nazionale o di impiegarlo  per l’autotrazione». Proprio la virtuosa trasformazione in biometano si sta affermando come un altro prodotto della filiera del riciclo organico. I biodigestori possono produrre oltre al compost anche biometano che rappresenta una fonte di combustibile naturale e chiaramente una preziosa ed innovativa fonte di energia rinnovabile. Si prevedono sviluppi ulteriori per questo prodotto che potrebbe, entro il 2019, raggiungere una produzione nazionale 200 milioni di m3. Ogni cittadino italiano che si impegna per la raccolta del rifiuto organico può vedere trasformato questo rifiuto in biometano, necessario a percorrere circa 100-120 km/anno. Anche Il cosiddetto settore biowaste ha importanti ricadute economiche ed occupazionali: nel 2016, secondo le proiezioni del Consorzio Italiano Compostatori, il volume d’affari generato dal biowaste è stato pari a 1.8 miliardi di euro di fatturato, mentre i posti di lavoro generati 9.800 (+9% rispetto all’anno precedente): in pratica 1,5 posti di lavoro ogni 1.000 t di rifiuto organico. «La filiera del rifiuto organico – ha agguinto Centenaro -  coinvolge numerose attività, dai servizi di raccolta e trasporto, ai servizi di studio, ricerca e progettazione e delle tecnologie per il trattamento del rifiuto organico. Con una raccolta differenziata a regime in tutta Italia si potrebbe arrivare a 13.000 addetti e 2,56 miliardi di euro comprensivi dell’indotto generato».

Andrea Grossi