Rifiuti, a Roma l'emergenza diventa normalità: senza nuovi impianti si rischia il caos
«Non c'è un'emergenza rifiuti a Roma, ma uno stato di sofferenza che già da lunedì mattina dovrebbe trovare soluzione». Cosi' parlò a dicembre il ministro dell'Ambiente Sergio Costa. «La competenza è di due figure istituzionali da una parte il Comune, dall'altra la Regione Lazio. Il ministro dell'Ambiente fa da pontiere per creare quella sana amalgama di servizio che serve a risolvere la questione. Ma non parliamo di emergenza. Peraltro il concetto di emergenza, così come è stato concepito in Campania ha rovinato il sistema di gestione corretta dei rifiuti». Subito dopo Natale era partita l'azione congiunta per rimuovere i sacchetti di immondizia dalle strade accumulati durante le feste, con l'arrivo di una notizia che rappresentava una sorta di pagliativo: per un altro anno, infatti, sarà possibile conferire i rifiuti di Roma negli impianti dell'Abruzzo. La proroga, molto attesa soprattutto dopo il maxi rogo che ha messo ko uno dei quattro impianti di trattamento di Roma, rientrava nell'accordo di programma tra Regione Lazio e Regione Abruzzo per la gestione di 70.000 tonnellate di rifiuti. Nella conferenza di fine anno, il premier Conte aveva escluso la possibilità di un commissariamento della città. L'Ama aveva fatto nel frattempo sapere di aver raccolto nelle ultime tra il 27 ed il 28 dicembre ben 3.100 tonnellate di rifiuti indifferenziati, mentre alcune squadre avevano rimosso rifiuti depositati intorno a circa 2.300 postazioni di cassonetti stradali. Queste azioni di Ama avevano scongiurato anche la chiusura delle scuole al rientro dalle festività natalizie, dopo l'appello dell'associazione nazionale presidi del Lazio[1]: «Abbiamo apprezzato l'insolito attivismo di Ama che in questi due giorni, evidentemente anche grazie al nostro appello, si è attivata per ripulire le zone antistanti i plessi scolastici in vista della riapertura – ha detto Mario Rusconi, il presidente dell'Associazione - Continueremo a vigilare affinché le condizioni incivili e deturpanti della città non si ripetano». Sul tema era addirittura intervenuto il vescovo ausiliare di Roma, mons. Paolo Lojudice[2]: «Io mi pongo, da semplice cittadino, la semplice domanda: ma come mai una grande città non riesce a risolvere il problema della spazzatura? È proprio così impossibile? Davvero non c'è soluzione? Io chiederei questo ai nostri amministratori: diteci il perché, è ciò che si domanda la gente, si resta amareggiati, avviliti». Il problema della situazione di Roma fa capire che senza un numero congruo di impianti non solo l'emergenza ritornerà ciclicamente ma la situazione rischia seriamente di degenerare. Non costruire nuovi impianti porta a spendere di più e ad aggravare le condizioni ambientali e sanitarie. Specie nella capitale d'Italia e nelle altre zone in cui c'è carenza impiantistica. Una situazione che facilita oltretutto l'interferenza e gli affari della criminalità organizzata. Come dimostra l'organizzazione scoperta proprio a Roma in cui tutti i componenti avevano un ruolo e una funzione: da chi rovistava nei cassonetti a chi vendeva i rifiuti metallici recuperati. Una filiera capace di mettere in piedi un traffico illecito di circa 3 milioni di chilogrammi di rifiuti metallici per un profitto che si avvicina al mezzo milione di euro. Un giro di affari calcolato per difetto e che emerge dalle carte dell'inchiesta della Procura che ha portato ad emettere trenta misure restrittive di cui 15 in carcere in una maxindagine che vede complessivamente indagate 57 persone. Una indagine che riguarda anche i numerosi roghi tossici che vengono appiccati in molti campi nomadi presenti nella Capitale e che comportano rischi concreti per la salute di tutti. Ed a proposito di salute bisognerebbe prendere in seria considerazione l'allarme lanciato dall'Ordine dei Medici romano[3]: «La condizione dei rifiuti a Roma – ha scritto l'Ordine in una lettera al sindaco Raggi, ai ministri Grillo e Costa - specie davanti ad ospedali, scuole, centri commerciali, parchi pubblici e aree residenziali, rischia di creare un grave problema di sanità pubblica della quale, ognuno per le proprie competenze più o meno dirette, dovrà farsi carico portando ad una comune soluzione definitiva del problema. Sempre più spesso, ci arrivano segnalazioni sul grave stato che alcuni quartieri stanno soffrendo per quanto riguarda la raccolta dei rifiuti. Come Ordine siamo preoccupati per quanto sta accadendo. Siamo consapevoli che la situazione si trascina da anni, e che recentemente con l'incendio dell'impianto TMB sulla Salaria la condizione si è ulteriormente aggravata». La soluzione per la Raggi non sembra passare dalla realizzazione di nuovi impianti.[4] «Roma non vuole discariche e la Città Metropolitana non vuole discariche. Serve il coraggio di dire che è il momento di cambiare tutto. Dobbiamo puntare sulla raccolta differenziata anche se non è facile. Abbiamo scoperchiato il vaso di Pandora. Abbiamo scoperto che una percentuale tra il 25% e il 30% di utenti non pagava la Tari, stiamo andando a colpire gli utenti fantasma. Si deve fare di più, assessorato e azienda devono fare di più perché Roma merita di più». Temo che con questo tipo di approccio, avallato anche dal governo nazionale, un caos rifiuti non più governabile sia tremendamente vicino
[1] http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2019/01/06/rifiuti-presidi-scuole-roma-aperte_15379d02-0e70-4cec-87b2-a55d4504c9e2.html
[2] http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2019/01/11/rifiuti-roma-vescovo-stallo-avvilisce_7d3688b8-fd04-485d-a5a0-cd87e0893859.html
[3] http://www.ansa.it/lazio/notizie/2019/01/07/rifiutiordine-medici-romarischio-grave_3d7b92d0-f3ca-4d2f-ad7a-2aa320091bf8.html
[4] http://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/rifiuti_e_riciclo/2019/01/15/raggi-niente-discariche-ne-a-roma-ne-in-provincia_9971dc36-1db6-4c74-a0f7-261b199055f3.html