Copenaghen, pista da sci sul tetto del termovalorizzatore
Se in Italia i termovalorizzatori sono osteggiati in altre parti del mondo sono addirittura il fulcro di progetti innovativi in grado di creare valore, turismo, opportunità di business. È quello che è accaduto a Copenhagen con la realizzazione di una pista artificiale da sci sul tetto del nuovo termovalorizzatore inaugurato lo scorso anno di fronte al mare, nel centro della città. Con un particolare patriottico: il fondo in plastica dove si scierà tutto l'anno è stato fornito da un'azienda di Bergamo. Sto parlando dell'impianto di Amager Bakke – CopenHill[1] che ha avuto un costo di 670 milioni di dollari e che nel 2017 è andato a sostituire il vecchio impianto. È in grado di bruciare 400.000 tonnellate di rifiuti all'anno e dalla sua ciminiera esce solo vapore acqueo, almeno stando a quanto dichiarato dalle autorità danesi. I suoi sofisticati filtri trattengono infatti fumi e polveri. Non solo. Questo impianto, progettato dallo studio di architettura Bjarke Ingels Group, è in grado di fornire elettricità a 62.500 abitazioni ed acqua calda a 160.000 utenze. Anche la dimensione estetica è particolarmente pregiata con pannelli di alluminio. La sua particolarità è quella di essere contraddistinto da un pendio di 200 metri sul tetto con una pendenza che tocca anche il 45%. Proprio sul pendio che scende da un'altezza di 90 metri, è stata realizzata una pista da sci larga 60 metri con un fondo in plastica: un ascensore e tappeti mobili permetteranno la risalita con la possibilità di accogliere fino a 200 sciatori. Il biglietto costerà circa 9,50 euro all'ora. Attorno alla pista saranno costruiti sentieri per jogging e trekking, aree picnic e saranno impiantati molti alberi. È inoltre prevista sul lato più alto dell'impianto la costruzione di una parete artificiale d'arrampicata con l'altezza più elevata del mondo: 85 metri. Ciliegina sulla torta una mega caffetteria con vista sul porto ed un ampio parcheggio utilizzabile anche per eventi legati al pattinaggio. Il parco verde sul tetto del termovalorizzatore si estende per 16mila metri quadri ed è stato disegnato dallo studio danese SLA, specializzato nella progettazione del paesaggio e di spazi urbani resilienti. «Creare un parco panoramico attraente e verde in cima ad Amager Bakke è stato molto impegnativo – ha dichiarato Rasmus Astrup, partner dello studio SLA - Non solo a causa delle condizioni naturali estreme - e innaturali - del sito e del tetto stesso, che mettono a dura prova piante, alberi e paesaggi. Ma anche perché abbiamo dovuto garantire che le numerose attività del tetto fossero realizzate in modo accessibile, intuitivo e invitante. L'obiettivo è quello di garantire che Amager Bakke diventi uno spazio pubblico ricreativo ricco di eventi con una natura rigogliosa e sensuale che offra un valore aggiunto a tutti i cittadini di Copenhagen, tutto l'anno». Un'opera dunque in grado di abbracciare numerosi obiettivi virtuosi: sostenibilità ambientale, risoluzione problema dei rifiuti, attività ricreative e sportive uniche in un luogo bellissimo, produzione di energia e di acqua a costo zero. Un tipo di progetto elogiato anche dal vicepremier italiano Matteo Salvini: «I rifiuti significano ricchezza, energia e acqua calda. A Copenaghen inaugureranno un inceneritore con una pista da sci e una parete da arrampicata, altrove sono musei. Se gestiti bene e controllati bene portano più salute e più economia». Eppure nel governo c'è ancora chi continua a disprezzare un simile modello .Il vicecapogruppo 5 stelle alla Camera Alberto Zolezzi[2] parla di una campagna di marketing “a favore di questo inceneritore lanciata nel 2016 per promuovere le politiche di Renzi. Già allora venne prontamente smontata da esperti come Enzo Favoino, che ha ben spiegato lo scontro attuale tra chi vuole bruciare e chi vuole recuperare materia e sul caso danese gli ‘scenari finanziari incerti sono già evidenti nel caso dell’inceneritore di Amager Bakke a Copenhagen, Un impianto che sta già alimentando dubbi, perché non sanno cosa bruciare. Altri articoli sulla stampa straniera denunciano le operazioni di lobbying che hanno preceduto l’approvazione del progetto in una nazione che brucia circa il 60 per cento dei propri rifiuti e della forte difficoltà a rispettare i parametri europei del 50 per cento di riciclo materia previsti dalla diretta 2008/98». Mentre nel mondo si intraprendono con successo strade progettuali virtuose, solo in Italia il dibattito è tutto finalizzato sul non fare lasciando tutto in balìa di un'emergenza rifiuti che da un giorno all'altro potrebbe esplodere con gravissime ripercussioni per tutti.